Simone Mariotti

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Premetto che non mi sono mai definito uno scommettitore professionista, né tantomeno adesso mi sento tale. Anzi posso dire con assoluta certezza che non lo sono né desidero esserlo. La mia storia è comunque molto singolare e sicuramente diversa dalle altre perchè conosco il mondo delle scommesse sportive molto bene. Mi sono appassionato al betting molti anni fa. Ho sempre amato il calcio e il betting calcistico ha rappresentato una sorta di svago complementare a questa passione.

Una passione che mi ha portato a gestire dei gruppi nei social e a conoscere nel dettaglio il modo di agire dei bookmakers e le modalità con cui adesca lo scommettitore inconsapevole. In quel periodo di tempo ne ho sentito di cotte e di crude.

  • Storie di persone che hanno letteralmente perso la testa per le scommesse
  • Persone che hanno buttato dalla finestra una montagna di soldi
  • Gente che ha messo in discussione le relazioni sociali e professionali per un qualcosa di ingestibile e che oramai li gestiva
  • Ragazzi giovanissimi sempre in attesa del guru di turno ad elemosinare un pronostico che li avrebbe portati all’ennesima perdita

Ho compreso che le dinamiche emotive con cui uno scommettitore agisce sono davvero molto complesse. Lo scommettitore medio non è una persona libera, crede di esserlo.

Pensa che sia così e invece non lo è affatto. Non è una persona autonoma e, soprattutto, non ha conoscenze finanziarie.

E’ alla base della mentalità di chi scommette cercare di vincere il più possibile investendo la minor somma di denaro. L’obiettivo è sempre lo stesso: cercare la vincita del secolo che possa cambiare nel minor tempo possibile lo stato attuale.

Come? Preferendo ed in molti casi piazzando solamente multiple; pochi spiccioli per avere guadagni con tripli zeri, non comprendendo che molto spesso, se non addirittura sempre, si vanno a perdere somme di denaro che nell’immediato possono sembra esigue, ma nel tempo, sommandole, risultano essere elevate.

In molti casi non è stabilita una soglia di investimento o nemmeno si da importanza al Money Management. Con quelli che per alcuni sembrano pochi spiccioli, alla fine di un anno, se si sommano le puntate, si arriva a parlare di migliaia di euro.

Potresti anche non crederci, ma basterebbe addizionare tutte le scommesse toppate in un anno per avere un’idea chiara della cifra persa, anzi no!

La maggior parte degli scommettitori non tiene nota delle scommesse fatte, così da non poter mai tenere sotto controllo la vera entità dei soldi persi in un determinato periodo.

Se a questo si aggiungono tutte le dinamiche emotive che si innescano: paura di perdere, voglia di rivalsa, rabbia, atteggiamento sfidante, dubbie intuizioni, tifoseria sfrenata, come puoi ben capire diventa un calderone pronto ad esplodere e a innescare meccanismi psicologici patologici.

Ecco, io ho vissuto quel periodo con una certa inquietudine: anche se effettivamente non ho mai avuto una dipendenza da gioco, osservavo tutte queste storie, storie umane e di amici stretti che mi facevano molto riflettere sul mondo del betting.

Poi, ho conosciuto Marco, abbiamo unito le nostre esperienze, le nostre competenze, e ho compreso che tutto quello che avevo imparato, tutta la mia esperienza, potevano essere riconvertite in qualcosa di buono, prima per me stesso e poi in favore degli altri. Tutto questo ha portato alla nascita di Bet Healing.